Immersioni a Portofino
Secca Gonzatti
Il sommo della secca è avvolto da una nuvola di pesci talmente fitta da mascherare la visione del fondo. Migliaia d’esemplari di boghe e mennole si muovono sincroni, mentre iniziamo l’immersione, suscitando in noi una forte emozione. Poco più in disparte, un enorme branco di saraghi fasciati, placidi e argentati, sfilano davanti all’obiettivo. Da anni non vedevo, in Italia, un mare così ricco di pesce. Le sorprese si susseguono a ritmo incalzante: tre cernie giocano a rincorrersi infilandosi nelle tane, apparendo e scomparendo da ingressi diversi. Sono pesci fiduciosi, che si fanno avvicinare finoa 4-5 metri di distanza; se tento di avvicinarmi di più si allontanano, ma non fuggono. Abbandono le acque superficiali seguendo il ripido profilo roccioso, durante la discesa scorgo numerose murene ed alcuni grossi dentici. Le eunicelle cavolinii sono piccole e sparute ma spiccano con il loro colore chiaro. Ed ecco apparire, intorno ai trenta metri, la sagoma inconfondibile delle paramuricee: sono bellissime, fitte, rigogliose, con le immancabili ostriche alate attaccate ai rami. Scorgo le antenne d’alcune piccole aragoste. La roccia termina oltre i 45 metri su un pendio di sabbia e detrito, che prosegue la discesa verso gli abissi. Inverto la rotta puntando verso la superficie, “sorvolo” uno sperone roccioso dove alcune eunicelle si sono stipate le une sulle altre. Un gran cerianthus, con i tentacoli bianchi e gialli, sembra un bellissimo fiore tra le rocce. Mi dirigo nella zona che separa la secca dalla parete del promontorio, un canale largo pochi metri e poco profondo, dove si sono concentrati i branchi di pesci visti in precedenza. L’effetto coreografico, in questa sorta di canyon, è ancora maggiore: un turbinio di sagome argentate che si dirigono in tutte le direzioni, spinte dai subacquei che si ritrovano qui al termine dell’immersione. Si sono aggregate anche una decina di grosse corvine, eleganti come sempre. Nuotano tranquille facendosi scattare numerosi fotogrammi, senza il minimo timore.
Secca Isuela
Iniziamo la discesa sul lato esterno della secca, dove a 15 metri appaiono i primi esemplari d’Eunicella cavolinii. La buona visibilità ci concede una bellissima visione d’insieme: si vede tutta la parete sottostante, ricchissima di grosse paramuricee, e, ai piedi della caduta, il fondo sabbioso, con qualche raro esemplare d’Eunicella verrucosa. In lontananza si scorge la sagoma dell’Isuelina, una secca adiacente di dimensioni minori, ma altrettanto bella. Decine d’uova di gattuccio, appena deposte, risaltano col loro pallore tra i rami delle gorgonie. Insolito l’incontro con una bellissima coppia di tordi fischietto, coloratissimi, che mettono in evidenza la differenza cromatica tra maschio e femmina. Oltre i 30 metri bei rami di corallo rosso affollano le nicchie rocciose, da cui, saltuariamente fanno capolino le antenne di corpose aragoste. Nuvole di anthias e cromis fanno da cornice a questo caratteristico scenario, che ho visto centinaia di volte, ma continua a lasciarmi incantato. A circa 45 metri, alla base di enormi paramuricee spiccano alcuni bellissimi ricci saetta (Stylocidaris affinis). Molte murene e gronghi nelle tane, enormi dentici si tengono a distanza di sicurezza mentre quelli di dimensioni più contenute sono più confidenti. Comuni anche coloratissimi scorfani, con accentuati cromatismi che vanno dal giallo al rosso con un’infinita varietà di colori intermedi. Non è raro durante la stagione dei pesci di passo osservare grossi esemplari di ricciole, palamite e tonnetti. Sul sommo della secca staziona un folto banco di saraghi maggiori, alcuni di taglia fuori del comune. Frequente la presenza delle cernie di fondale, soprattutto nella parte più superficiale dell’Isuela, probabilmente l’unica immersione del promontorio dove si può osservare questo serranide non comune.
Grotta dei Gamberi
Il tragitto che separa la Secca dell’Isuela dalla parete sommersa di Punta Chiappa è molto breve, ed anche l’ambiente sottomarino è molto simile. Il fondale sulla punta è molto ripido e conduce in pochi attimi di pinneggiata a quote impegnative. Colonizzata da gorgonie d’ogni tipo, la parete esposta alla luce, e da corallo rosso, parazoanthus e leptosamnia le parti più in ombra. Seguendo le forme di vita amanti della penombra si giunge, poco oltre i 35 metri di profondità, di fronte ad una lunga spaccatura che penetra la roccia, trasformandosi in una grotta vera e propria.
L’ampiezza è tale da rendere agevoli gli spostamenti interni ma il fondo limaccioso costringe ad un ottimo controllo dell’assetto per mantenere una visibilità accettabile. La grotta si chiude con un “cul di sacco” ed è proprio in fondo che vive una nutrita colonia di gamberi Plesionika narval. Sono moltissimi e si muovono tutti insieme, fittissimi all’inizio, poi, più rarefatti con l’avanzare del subacqueo. Si disperdono, penetrando a gruppetti nelle mille spaccature della grotta. Qualcuno resta di solito sul tetto della grotta permettendo di osservare l’evanescente bellezza e l’eccezionale ed elegante livrea. Nella grotta vivono altri amanti del buio, Stenopus spinosus e belle musdee: tutti molto tranquilli, probabilmente piuttosto assuefatti ai coni di luce che i subacquei frequentemente dirigono verso i loro occhi.
La Testa del Leone
Osservando il profilo della roccia emersa è evidente il motivo di questo nome: una roccia imponente ricorda veramente la testa del re della giungla, con tanto di criniera.La discesa inizia in modo ripido, i grossi pietroni sono ricoperti d’alghe ed i pesci numerosissimi, tutti indaffarati a procacciarsi il cibo dopo la mareggiata. Saraghi, muggini, tordi, salpe popolano abbondantemente questi fondali. La posidonia, sbattuta dalla risacca, libera una gran quantità di nutrienti, piccoli molluschi e crostacei, staccati dalle foglie, nuotano disperati nell’acqua prima di finire preda di voraci e fameliche bocche. La discesa prosegue tra i massi fino all’inizio di una parete a strapiombo che cade verticalmente, senza interruzioni, fino a 35 metri di profondità. Intorno ai 15 metri iniziano a comparire i primi sporadici rami d’Eunicella cavolinii e singularis. Molti sono piccoli esemplari giovani, nati dopo la moria del 1997 e si stanno moltiplicando ed accrescendo ad una velocità stupefacente. Aumentano di numero fino a lasciare, intorno ai 30 metri, lo spazio a begli esemplari di Paramuricea clavata. Man mano che si scende verso profondità più elevate gli esemplari sono sempre più rigogliosi, fino ad essere splendidi a circa 40 metri, circondati da bellissimi branchi d’anthias. Colorati rami di Corallium rubrum vivono negli anfratti, spesso condividendo lo spazio con gronghi ed aragoste. Se siete fortunati potrete incontrare uno dei pesci più belli del Mediterraneo: il Labrus bimaculatus maschio, con la stupenda livrea gialla e blu, ancora più accesa a maggio, nel periodo riproduttivo. Un tripudio d’organismi bentonici ovunque: Leptosamnia pruvoti, Parazoanthus axinellae, Spirographis spallanzani, Cerianthus membranaceus. Ciò che più mi colpisce, rispetto all’ultima immersione effettuata, un paio d’anni fa, è la quantità e la varietà di pesce. Durante l’immersione abbiamo avvistato anche numerose seppie, che in questa stagione si avvicinano alla costa per accoppiarsi. Pochi altri posti in Italia possono competere col promontorio per le specie ittiche presenti e per le dimensioni raggiunte. Cernie, dentici, ricciole, grossi saraghi pizzuti sono ormai comuni.